Le “febbri pestilenti” nella Milano del Seicento

“Sia come si sia, entrò questo fante sventurato e portator di sventura, con un gran fagotto di vesti comprate o rubate a soldati alemanni; andò a fermarsi in una casa di suoi parenti, nel borgo di porta orientale, vicino ai cappuccini; appena arrivato, s’ammalò; fu portato allo spedale; dove un bubbone che gli si scoprì sotto un’ascella, mise chi lo curava in sospetto di ciò ch’era infatti; il quarto giorno morì.
[…] Ma sul finire del mese di marzo, cominciarono, prima nel borgo di porta orientale, poi in ogni quartiere della città, a farsi frequenti le malattie, le morti, con accidenti strani di spasimi, di palpitazioni, di letargo, di delirio, con quelle insegne funeste di lividi e di bubboni; morti per lo più celeri, violente, non di rado repentine, senza alcun indizio antecedente di malattia. I medici opposti alla opinion del contagio, non volendo ora confessare ciò che avevan deriso, e dovendo pur dare un nome generico alla nuova malattia, divenuta troppo comune e troppo palese per andarne senza, trovarono quello di febbri maligne, di febbri pestilenti”

A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXI

Così Manzoni ci fa rivivere quei terribili momenti in cui le febbri maligne, le “febbri pestilenti”, si diffusero a Milano nel 1629, da Porta Orientale… Ancora una volta Milano, a distanza di pochi decenni, si trovò a fare i conti con uno dei flagelli più devastanti e pericolosi che colpivano l’umanità. Ancora una volta Milano contò i suoi morti e dovette far fronte alle superstizioni, alla irrazionalità che portava a credere che la peste fosse diffusa dagli untori, poveri innocenti che il delirio popolare condusse al patibolo.
La “peste manzoniana” la ricordiamo per averla studiata a scuola, ma forse non tutti hanno ben presente i luoghi che furono teatro di quel terribile evento. La storia e i fatti che vogliamo ripercorrere, non possono non partire dalla Chiesa di San Gregorio – laddove c’era il Lazzaretto, dove venivano isolati uomini, donne, bambini contagiati – con la sua cripta che custodisce le lapidi di personaggi famosi; ci spingeremo poi nel quartiere, con le sue vie, le sue case, i suoi ricordi, cercando quello che rimane della Milano del Seicento descritta da Manzoni.

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