L’avevo detto che ci sarei andata, ma ero proprio io la prima a non crederci. Avevo sempre scherzato sul fatto che durante l’EXPO di Milano del 1906 io non c’ero e che invece ero lì, felicemente presente a quella del 2015, orgogliosa del grande successo e della magica atmosfera che creano queste manifestazioni. “La prossima sarà a Dubai” dicevo e sentivo la mia eco svanire nella certezza che tanto non sarebbe stato possibile andarci.
Poi questo sogno è svanito, mischiato ad altre idee, al lavoro e ai problemi della vita quotidiana e poi è arrivato anche il COVID che ci ha violentemente messo di fronte alla realtà: niente lavoro, tutti a casa, niente fantasticherie sui viaggi. E così Dubai, EXPO e tanti altri sogni sono finiti in un’altra dimensione fino a quando un giorno e poi un altro ancora ho iniziato a pensare che, se proprio devo morire, voglio che la morte mi colga viva e vivere per me significa viaggiare, vedere cose nuove, conoscere gente diversa da me. Un pensiero che si è fatto ogni giorno sempre più prepotente finché ho preso la decisione di realizzarlo a qualsiasi costo. E adesso eccomi qui, con questa meravigliosa temperatura di 27° a novembre, con il biglietto in mano, a fissare incantata come una bambina il grande padiglione traforato dell’ingresso, che si chiama “Al Wasl” e che significa “connessione”, perché è proprio questo è il significato di EXPO: “Collegare le menti, creare il futuro!”
Qualcuno si fa le foto vicino ad una gigantesca mano con 3 dita e il numero 50 rappresenta i 50 anni della nascita dell’Emirato che verranno festeggiati il 2 dicembre. Io li guardo divertita e solo adesso mi rendo conto che ho preso una luccicante metropolitana, che sono scesa in una luccicante stazione, che ho passato il controllo in 5 minuti (a Milano l’attesa sotto al sole era lunga e snervante!) e che potevo mettere via il mio biglietto gratuito (lo regala Emirates con il volo ed è anche gratuito per gli over 60!!!) e incominciare a camminare, vedere, capire, emozionarmi e… vivere!
Non voglio fare code o lunghe attese (l’esperienza di Milano con milioni di visitatori, anche se bellissima, mi ha un po’ traumatizzata) voglio vedere il più possibile, ma senza stress. Le zone colorate sulla mappa si chiamano: Al Forsan, Jubilee, Opportunity District, Mobility District e Sustainability; non ho le idee chiare sul loro significato e cercherò di capirlo man mano che cammino, ma vedo che il punto centrale è proprio il padiglione Al Wasl e che gli altri si aprono attorno come un ventaglio. Vi partecipano 192 Paesi e si tratta della prima EXPO in un Paese arabo, dove ognuno mostrerà le tecnologie del futuro che ci aiuteranno ad affrontare nuove sfide e un modo di vivere più sostenibile e consapevole, un mondo dove ognuno di noi può fare la sua parte per non rovinarlo e per riparare i danni ormai evidenti agli occhi di tutti. Vediamo se è proprio così!
Il padiglione degli Emirati è un grande falco bianco che stende le sue ali. La falconeria è la passione di questo popolo. È affascinante, ma decido di andare subito a visitare il padiglione dell’Italia. L’edificio è decisamente bello, mi ricorda un grande padiglione aperto, sulle cui tendine di perle appare scritto “la bellezza unisce le persone”. Un ragazzo italiano è a disposizione come guida e penso che l’idea di una spiegazione non sia male; infatti, si rivela molto interessante. Gli architetti Carlo Ratti, Italo Rota e Matteo Gatto, hanno fatto un buon lavoro. La guida ci dice che il padiglione ha 50 luci come i 50 anni dell’Emirato e che i blocchi sono 7 come 7 sono gli Emirati che si sono uniti nel 1971.
La lunga striscia arancione del pavimento ha questo colore perché è stato fatto con le bucce d’arancia. Peccato che non si senta il profumo. Cerco di capire la sequenza di Fibonacci che rappresenta la perfezione e la circolarità della natura e questo discorso matematico (a cui rinuncio a capirci) ci porta verso l’area mediterranea dove viene coltivata la Spirulina che secondo la FAO sarà il cibo del futuro. Mamma mia, quante volte ho provato a prenderla sotto forma di pastiglie dal tremendo odore di pesce (anche se è un’alga), ma poi ho dovuto smettere perché mi sentivo particolarmente schizzata e affamata. Mentre proseguo penso che se la spirulina provoca appetito, non può risolvere il problema per risolvere la fame nel mondo! Comunque, è sempre un buon cosmetico e qui l’hanno anche usata come pittura sostenibile per dipingere la parte alta del padiglione che è effettivamente di un bel verde brillante. Le bolle che vediamo nell’acqua (che dovrebbe rappresentare il mare) sono dovute al fatto che questa alga trasforma l’anidride carbonica in ossigeno. Sempre restando nell’area mediterranea, al centro del “mare” c’è una costruzione edificata con la tecnica del muro a secco, che dall’esterno può ricordare un trullo, mentre all’interno il Pantheon di Roma. Gabriele Salvadores ha curato la scelta delle immagini che si alternano fra le finestre, mostrando paesaggi italiani, le porte del battistero di Firenze e molto altro, tutto bello, ma ci devo rinunciare: la mia vista vacilla assieme al mio equilibrio. Purtroppo, sono “squilibrata” e tutto ciò che è in movimento mi fa perdere l’equilibrio a cui seguono malesseri vari.
Molto bella la ricostruzione delle maioliche del Monastero di Santa Chiara a Napoli e il bel giardino le cui piante sono un esperimento per valutare se possono resistere in paesi aridi, come lo è appunto Dubai. In caso di successo verranno mandate anche su Marte con la sonda che vediamo spuntare più avanti. Ahi che male! Sono finita contro lo spigolo di una vetrina e mi sono anche tagliata i pantaloni. Spero di non essermi anche incisa la carne. Soffro in silenzio e non so se è più un dolore aver rovinato i miei pantaloni preferiti o il danno alla mia coscia! Comunque sia, continuo impavida ad ascoltare il ragazzo che esalta le qualità della trivella italiana che verrà appunto lanciata su Marte per cercare acqua e fonti di vita. Quella degli USA può andare solo a 70 cm di profondità, la nostra 2 metri. Io non provo tutto questo entusiasmo all’idea di andare su di un altro pianeta. E poi quando siamo lì cosa facciamo? Lo roviniamo come abbiamo fatto con la Terra? Guardo anche il “convertiplano” appeso al soffitto: si tratta di un elicottero e aeroplano assieme. Mah! Penso massaggiandomi la gamba. Avvolta nei miei pensieri su questo futuro nel quale spero di non esserci, raggiungiamo il bellissimo David di Michelangelo, versione realizzata in 3D dall’originale. Mi ricordo la polemica per gli attributi maschili da mostrare in un Paese islamico; ma allora non potevano scegliere un’opera vestita? Il David è inserito in una specie di cilindro (circondato da una scala elicoidale dove non si può scendere) da cui fanno capolino la testa e le spalle. Io sporgo il mio cellulare il più possibile, sperando che non mi cada, e arrivo ad inquadrargli i possenti glutei che farebbero invidia a qualsiasi culturista!!! Il percorso finisce in una galleria dove treni, a velocità reale, ti arrivano addosso. Penso: non ne uscirò viva, o per lo meno mi troveranno per terra a mo’ di tappeto, scambiandomi magari per parte della scenografia!!! Cerco di continuare il mio filmato, ma lo sto praticamente facendo ad occhi chiusi. Quando arriva il Freccia Rossa mi devo appoggiare al muro. Sono uscita; mi devo fermare e ritrovare il mio equilibrio. Chiudo gli occhi e li riapro nel sole. Tutto molto bello. L’entusiasmo sistema tutti i miei problemi e vedo che al Padiglione della Spagna, da dove spiccano tre coni colorati, ci sono poche persone, per cui affretto il passo per sorpassare una scolaresca di ragazzini piuttosto scalmanati. Le insegnanti sono più agitate di loro; li rincorrono, li mettono in fila a suon di parole inglesi. Sorrido al pensiero che questo è solo l’inizio; chissà se arriveranno illesi alla fine delle visite! Tutto è colore e movimento e mi trovo nella fascia verde, quella che delimita l’area della Sostenibilità. Ne approfitto anche per vedere il padiglione della Nuova Zelanda e quello dell’Australia che mi stordiscono definitivamente con bellissimi filmati proiettati su pareti e pavimento. Adesso sì che ho proprio bisogno di una sosta: fermate il mondo: voglio scendere!
Ok proseguo e vengo attratta dalla bellissima architettura del Padiglione Terra scritto così in italiano. Grandi pannelli solari spiccano come ombrelloni metallici. Chissà cosa c’è dentro? Presto detto: i pannelloni solari (1055) permettono l’approvvigionamento dell’energia solare – non c’è nessun cavo per la corrente – e l’acqua viene ricavata dalla condensazione del vapore acque presente nell’aria. Tutti i reflui vengono riciclati all’interno del padiglione. Risultato: impatto ZERO. Si scende per il percorso sotterraneo: Percorso Oceano, un mondo marino afflitto dal grave problema della plastica (tutto immerso in suoni ovattati e luce blu) per poi ridiscendere fra le radici della terra. Percorso Foresta, un fantastico viaggio come se fossi proprio in una caverna sotterranea. Alla fine, ci vengono mostrati chiaramente tutti i danni prodotti dai nostri comportamenti. Scarti industriali, rifiuti, plastiche… è grande il senso di colpa e di presa di coscienza, ma io adesso devo combattere nuovamente con il mio equilibrio che si è perso fra l’oscurità del luogo. Sono felice, tutto è molto bello, ma mi chiedo se e come ne uscirò da queste visite! Oggi mi sento votata al martirio per cui devo assolutamente proseguire perché ho visto dell’acqua che scende e voglio capire di cosa si tratta. Trovata: sono nella parte di color rosa della cartina, quella con la scritta “Jubilee” Uahuu che cosa pazzesca! Mi trovo in una grande conca dove, dalle alte pareti, scende una cascata di schiuma bianca che risalta sullo sfondo nero. Poi parte la musica e l’acqua scende sempre più copiosa andando a raggiungere i bordi del grande “catino” dove penso venga immediatamente riassorbita e rimessa in circolo. La gente grida di gioia e non solo i bambini si levano le scarpe per andare a ricevere l’acqua alla base, (la sensazione è quella di essere travolti dalla cascata) e i guardiani hanno un bel da fare a non far arrampicare troppo le persone. Ma che bello; sicuramente questa sera qui sarà tutto illuminato.
Proseguo estasiata, fotografo tutti i padiglioni perché voglio fare un confronto con quelli di Milano. Lo so che non potrò vederli tutti ma va bene anche così. Per me oggi l’importante è essere qui! Cammino nei viali principali sotto ad una tettoia coperta da forme di uccelli colorati. Mi fermo a vedere le panche calligrafiche: la scrittura araba permette di trasformare le lettere in armoniose forme, bevo l’acqua dalle fontanelle (è potabile), passo fra l’Africa e l’Oceania, il Giappone mi attira, ma c’è troppa coda. Decido di concedermi il tour di EXPO sul trenino giallo. Attendiamo tutti che venga pulito sedile per sedile, palo per palo, salgo e scelgo il posto peggiore che potessi avere. Sono davanti con le ginocchia in bocca perché non c’è spazio. Ormai si è subito riempito e non posso cambiare posto. Pazienza, sono così felice che anche la scomodità non è un problema. Filmo, fotografo il più possibile e quando scendo, dopo una ventina di minuti, devo sgranchirmi le gambe doloranti. Ma, via si riparte! Ho visto una specie di torre girevole e sono incuriosita. Eccola, si chiama Garden in the Sky, Bisogna pagare un biglietto e ci penso un attimo. Il problema non è il biglietto, in fondo sono solo € 7,00, ma è il caso di salire su di una torre di 50 metri e per lo più girevole? Dio benedica i miei due neuroni rimasti che non mi permettono di riflettere. Non mi pentirò della scelta perché da lassù la vista è spettacolare e si vede anche parte dell’immensa città. Sono su di una piattaforma rotonda che ospita piante e cespugli. Gira piano (assieme alla mia testa) ma, stando seduta riesco a fare un bel filmato. Sicuramente voglio risalirci anche questa sera. Il tempo passa e per fortuna la temperatura è sempre piacevole e il caldo non opprime. Piccola sosta vicino al Padiglione del Belgio per mangiare qualcosa (pessima scelta il riso sa di plastica); bevo l’acqua che regalava il padiglione svedese sponsorizzato dall’IKEA e proseguo. La sera arriva verso le 17,30, i un attimo è buio. Ritorno a vedere il Water Future che mi emoziona tanto da farmi piangere con le sue cascate ora di colore rosso e viola e risalgo sul Garden in the Sky per filmare le luci dei padiglioni. Ora c’è più gente, ma è tutto gestibile senza ressa. Inizio ad essere stanca, ma non voglio andare via. Una ragazza africana (ovunque ci sono addetti gentilissimi che indicano i padiglioni e danno suggerimenti) mi consiglia di vedere il padiglione con la storia di grandi viaggiatori arabi: molto belle le scenografie con la riproduzione gigantesca di questi personaggi. Sento che le gambe iniziano ad andare per conto loro e la testa da un’altra parte. Forse è il caso di dire basta e cerco l’uscita. Improvvisamente mi tornano le energie e prendo una lunghissima scala mobile per raggiungere il padiglione della Mobilità giurandomi che sarà veramente l’ultimo. Immersa in una luce blu, cammino fra i primordi della vita che si è sempre mossa alla ricerca di una connessione con altri popoli fino all’arrivo del digitale. Questo pazzo mondo in cui stiamo vivendo, tutti interconnessi in un mondo di solitudine. Ci spareranno nello spazio tramite navette shuttle? Voleremo? Tutto queste immagine e idee fanno decisamente riflettere su chi siamo e soprattutto su cosa abbiamo fatto (nel bene e soprattutto nel male). Percorro un nastro azzurro che scende e sembra infinito (l’edificio è alto sette piani!) e al termine un ragazzo mi invita a rimanere per vedere lo spettacolo dell’acqua. Più che sedermi mi abbandono sul cuscino, una musica anticipa l’inizio del programma: una spettacolare cascata di acqua circolare inizia a scendere vicino a noi senza bagnarci. L’acqua segue il ritmo della musica, forma disegni geometrici e cascate di perline. È tutto veramente magico e mi tocca il cuore. Esco e cerco l’uscita anche se non vorrei veramente raggiungerla. Sento la musica che proviene dal padiglione centrale (Al Wasl) dove sicuramente c’è uno spettacolo, ma c’è troppa gente e non riesco a vedere niente. A casa avevo visto il video dell’inaugurazione con la presenza di Andrea Bocelli! Basta, sono giunta al termine delle mie forze e raggiungo la metropolitana lasciandomi cadere sul pulitissimo sedile. È buio e non vedo più il paesaggio che mi aveva incantata al mattino. È stata una bellissima esperienza. Ho sfidato la paura di volare e la paura per il Covid. L’EXPO di Milano è stata criticata (probabilmente da chi non l’ha neppure vista), ma io rimango dell’idea che queste manifestazioni siano un’ottima opportunità per capire il mondo e vederlo più da vicino, incontrare persone di tutto il globo (meglio se non in un giorno come ho fatto io!). Quanta strada è stata fatta dalla prima Esposizione Universale di Londra del 1851, svoltasi in quel bellissimo edificio che prese il nome di Crystal Palace. Seguirono quelle di Parigi e via via tante altre… ormai ogni nazione doveva mostrare con orgoglio al mondo il progresso raggiunto, nell’industria, nella scienza, nella tecnologia e nelle arti. Ma, non si dimentichi mai che siamo umani e quanto sia importante essere “connessi” anche con il cuore!

Alessandra Abbiati

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Grazie Alessandra di avermi portato per mano dentro Expo Dubai! Mi hai fatto quasi venire voglia di andarci, sai? Chissà se l’emiro Mohammed bin Rashid Al Maktum si ricorderà che sono stata io la sua guida a Milano per Expo 2015… Che emozione in quei due giorni…